9 marzo 2010

Gaber e i cloni di Hollywood


Se giro la testa verso destra e guardo fra gli scaffali dove ho disposto i cd e i dvd, mi appare la costa di una copertina con una scritta spessa e ben visibile, bianca su sfondo nero. Si tratta di un cofanetto, libro + dvd con le canzoni e i monologhi di Giorgio Gaber, riprese video effettuate in teatro nel 1991. Quello che adesso è memorizzato in formato digitale, e che se voglio vedere e ascoltare devo immaginare in sequenze di bit incisi su disco, una volta andavo a viverlo in teatro in spettacoli come “Far finta di esser sani” e “Anche per oggi non si vola”, i classici insomma.
Il luogo era il Teatro Lirico, teatro storico di Milano, inaugurato nel 1779, un solo anno dopo la Scala, ricostruito nel 1940 e divenuto poi di proprietà del Comune.
Ho visto un po’ di cose al Teatro Lirico. Oltre a Gaber, gli spettacoli di Giorgio Strehler su Bertolt Brecht e Anton Čechov, festival jazz con personaggi del calibro di Steve Lacy e Anthony Braxton. Roba forte, che ha lasciato il segno in più di una generazione.
Chi allora si lamentava non sapeva cosa l’avrebbe aspettato.

Nel 1998 il teatro viene chiuso. Da allora, un lugubre cancello color grigio topo a sbarrare l’ingresso, vecchi cartelloni scoloriti.
Passa il tempo. Maggio 2005, dal Corriere della Sera: “Via al restauro del Lirico con Longoni e Dell'Utri. Firmata la convenzione. Dopo anni di polemiche, ricorsi e lungaggini si sblocca la pratica per la ristrutturazione e la rinascita del Teatro Lirico. La convenzione è stata sottoscritta venerdì scorso a palazzo Marino. Confermata anche la presenza di Marcello Dell'Utri nell'operazione: il senatore di Forza Italia sarà uno dei collaboratori artistici della nuova gestione.”
Aprile 2007, presentazione dell'Assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi: "Rinasce a Milano il Teatro Lirico, chiuso dal '98. I lavori cominceranno a breve, e in due anni - costo: 20 milioni di euro - ridaranno alla città un impianto avveniristico e polifunzionale. Oltre a un palco adatto a ogni tipo di performance - musica, prosa, lirica - ci saranno: un salotto, un ristorante con cupola di vetro e vista sul centro cittadino, una biblioteca digitale, un bar aperto dalle 9 del mattino che punta a portare gli studenti della Statale, distante pochi metri, a far colazione in un ambiente particolare.” (da Milano 2.0)
Prima domanda: nel frattempo qualcuno ha portato da mangiare ai gatti?
Novembre 2009: "Arriva l’ultimatum sul Lirico. Giovedi' prossimo Massimiliano Finazzer Flory, assessore alla Cultura di Palazzo Marino, incontrerà Gianmario Longoni, l’imprenditore delle Officine Smeraldo, a capo della Ati, la cordata con cui nel 2004 è stato firmato il contratto di concessione per lo svolgimento dei lavori. Il motivo della riunione? I cantieri ancora aperti e le lentezze nel portare a termine il lavoro di restauro. La cordata di imprese rischia la rescissione dal contratto.” (da InMilano.com)
Questa la situazione.

Ma se si entra nel sito web del teatro, si disvela ai nostri occhi un mondo meraviglioso: in doppia lingua (però se si clicca su “enter” appare solo una scritta che dice “english coming soon”), eleganti animazioni flash, musica classica di sottofondo, grafica accurata, colori sfavillanti.
Sì perché non dimentichiamoci che Milano è pur sempre la capitale del design e della moda, e quando all’artista svedese Claes Oldenburg viene chiesto di pensare a un'opera per la città, lui propone "Ago e filo" e non "Libro". Ci sarà pure una ragione. Milano è diventata una città di sarti, piazzisti e veline. Saremo anche stronzi, ma siamo vestiti bene (tranne i musicisti creativi, loro proprio non ci riescono, lo dice anche mia moglie).

Torniamo a teatroliricomilano.it: annunci di grandi programmazioni future, rivelazioni di mirabolanti “progetti”. Come siamo fortunati noi che viviamo a Milano, la città dove si progetta la BEIC, Biblioteca Europea di Informazione e Cultura, sulla carta davvero bellissima (ma dopo nove anni si attende ancora il via ai lavori, ultimamente si è saputo che potrebbe forse esserci una svolta, sarà vero o l’ennesima oscena bugia?), si demoliscono i vecchi fabbricati, si scava, poi ci si stufa e si lascia lì. E così ci ritroviamo, dove una volta sorgeva la stazione di Porta Vittoria, di fronte ai giardini della Palazzina Liberty, con un enorme cratere, boschi di erbacce alte due metri, laghetti di fango putrescente, per la gioia dei bambini e delle colonie festanti di pantegane.
Attendiamo con fiducia le prime mutazioni genetiche.

Campeggia nella home page: "Teatro Lirico. Un centro internazionale per la musica e lo spettacolo", veniamo informati che "si partirà con una prima stagione che ospiterà scelte artistiche selezionate fra le migliori produzioni nazionali”.
Come negli spot del Mulino Bianco, in cui ci rassicurano che le singole spighe vengono accuratamente scelte e selezionate per noi da personale esperto, colte a mano una a una per la nostra felicità.
E noi cosa vogliamo di più, ora che sappiamo che il teatro diventerà "uno dei luoghi più suggestivi di Milano". Tanto per cominciare forse qualche indicazione su quali siano i criteri di selezione che la direzione artistica intenderebbe adottare... ma di questo parleremo a tempo debito.

Diventerà, ci sarà, si farà. Di sicuro Milano è una città che guarda al futuro.
"CI SIAMO MESSI ALL'OPERA PER CREARE CULTURA".
Infatti, eccola la cultura a Milano: carta patinata, grandi promesse e proclami.
Fatti: around zero. E per le piccole realtà: below zero.
Sei un’associazione culturale senza scopo di lucro, un artista e/o persona attiva in ambito culturale? Vorresti organizzare qualcosa e cerchi aiuto e/o sostegno da parte delle istituzioni? Aspetta e spera.

A furia di tenere la testa girata verso destra mi fa male il collo. La raddrizzo. Alzo lo sguardo e vedo appeso al muro il calendario 2010, aperto al mese di Marzo.
C’è una foto di Clark Gable con Carole Lombard, posa classica in bianco e nero, fine anni ’30. Lui potrebbe essere il nonno di George Clooney oppure un fotomontaggio tanto gli somiglia.
Ho sempre pensato che uno dei divertimenti di Hollywood sia quello di produrre cloni, accomunati non necessariamente da somiglianza fisica. Con risultati non sempre soddisfacenti. Secondo me, ad esempio, oltre a Gable / Clooney (che assocerei anche a Cary Grant) possiamo mettere James Stewart con Tom Hanks, Gary Cooper con Kevin Costner (e la variante minore Dennis Quaid), Dustin Hoffman con Tom Cruise, Sidney Poitier con Denzel Washington.
Ogni volta che penso a George Clooney, se riesco a dimenticare di chiedermi cosa dev’essere diventato per mettersi con una come la Canalis, lo vedo nella parte di Everett Ulysses McGill in “Fratello dove sei?” dei fratelli Coen.
Ricordo benissimo che questo film, per me al top della produzione dei Coen insieme al “Grande Lebowski”, veniva invece considerato da una parte della critica, all’epoca della sua uscita nel 2000, un film minore, divertente sì ma non all’altezza dei precedenti.
Oggi vedo dappertutto cinque stelle e affermazioni tipo: “Un capolavoro metaforico, divertente e citazionista.”

Eh, la critica. Vogliamo parlarne? Magari di quella certa parte e che scrive di musica in Italia? No, lasciamo perdere per carità, ci sarebbe da scrivere un libro, ma di quelli sopra le mille pagine, come neanche Stephen King quando gli scappa la penna.
Però un accenno si può anche fare.
Riporto la recensione pressoché integrale del concerto del trio di musica improvvisata “Re:start” all’Ah-Um Jazz Festival nell’ottobre 2007 e apparsa sulla rivista Musica Jazz, mica sulla pagina concerti di un giornalino scolastico (mi è sconosciuto il nome del recensore, ma prima o poi lo scopro): “Qualche momento discreto sembrava occorrere per caso in un progetto di cui non si capiva il senso.” Fine.

Mi è stato detto che tempo dopo l’autore della “recensione” si è giustificato dicendo che lui di un certo tipo di musica non capisce niente.
Bene.
Due domande allora: uno, esperti di quale tipo di musica vengono mandati in giro ad ascoltare e recensire i festival jazz in Italia? Due: a scuola ancora oggi insegnano che quando non si capisce qualcosa non bisogna aver paura di chiedere. Forse qualcuno è venuto a farci qualche domanda, dietro al palco, a fine concerto?